Lettera ai cristiani delle parrocchie e ai loro pastori
Di Don Emanuele Personeni - 11 febbraio 2022
Ho parlato quando la
campagna vaccinale era già avanzata, troppo tardi non c’è dubbio. Avrei potuto
forse risolvermi prima ma i fatti sono questi, ho continuato a tergiversare, a temporeggiare,
a dirmi che se le politiche del governo in materia di covid-19 erano davvero così
irragionevoli, allora le autorità ecclesiastiche avrebbero certamente preso le distanze;
e che se non l’avevano ancora fatto significava che quelle
politiche dovevano pur avere i loro motivi. Se poi il papa si era espresso in
termini favorevoli, da prete avevo il dovere di fidarmi e obbedire. Prima o poi
le ragioni si sarebbero chiarite, mi dicevo. Avevo deciso di farmi bastare i
comunicati dalla curia. La parrocchia del resto meritava un po’ di quiete. La
sospensione della liturgia Pasquale, della catechesi, della frequentazione degli oratori insieme alla pratica
sportiva aveva già depresso abbastanza la vita parrocchiale nel 2020.
Serviva ripartire, agire, fare e organizzare. Qualcuno tra i
preti veniva da isolamenti prolungati, da lutti personali, dal compito difficile
di dover confortare senza essere confortato. C’era bisogno di lasciarsi alle spalle
quei mesi difficili evitando di abbandonarsi a dietrologie e sofismi sul perché
e sul per come delle politiche sanitarie. Si trattava di infondere fiducia, non
sospetto, diffondere ottimismo non rabbia, raccontare soluzioni non problemi.
In questa direzione andavano le raccomandazioni delle autorità tutte, senza
eccezioni.
Io ho cercato di svolgere il compito al meglio delle mie possibilità.
Ma confesso che ho dovuto faticare non poco per mettere a tacere la mia coscienza.
Risuonavano in essa voci altre, punti di vista diversi, narrazioni divergenti
che per quanto provassi a zittire stavano sempre lì. Non so dire se erano i
regolamenti diocesani a non avere presa su di me o la mia coscienza ad averne
troppa. Obbedienza e responsabilità che parevano tranquillizzare qualche mio
collega, stavano davanti a me come argomenti barcollanti.
Ho cercato di non contrappore all’obbedienza il principio della
mia coscienza. So bene che la de-responsabilizzazione può nascondersi dietro il
ricorso materiale al principio dell’obbedienza quanto l’arbitrio soggettivo può
nascondersi dietro quello della coscienza. Il fatto é che non potevo relegare le
voci dissonanti nel coro dell’anti-scienza e del cicaleccio paesano. Confinare preventivamente
l’avversario nel campo dell’idiozia mi é sempre parso un modo vile di abbandonare
il campo. Se le voci sono infondate bisogna mostrarlo attraverso un confronto
aperto, libero e informato. Trattandosi poi di questione assai grave, la salute
delle persone, sentivo che il dibattito doveva essere incoraggiato non
impedito. Per quanto ne capissi poco intuivo che un fenomeno pandemico di
livello mondiale doveva per forza consistere in qualcosa di complesso e
articolato.
L’idea della “vaccinazione quale unica soluzione per
uscire dalla pandemia” mi appariva troppo semplice per non essere semplicistica
e le teorie dei suoi sostenitori troppo uniformi e perentorie per non apparire
sospette. A far tracimare le mie perplessità prima ancora dei contenuti sono
stati i tempi. Non si era ancora usciti dallo stordimento che si era abbattuto
sulla nostra città di Bergamo che già la televisione a reti unificate aveva
preso ad annunciare giorno dopo giorno che la soluzione era stata trovata: i
vaccini avrebbero immunizzato tutti. Da ingenuo mi chiedevo se accanto ai
vaccini che ancora non c’erano, quei mesi terribili non avessero insegnato
qualcosa di più sul virus e su come affrontarlo. E se non fosse stato il caso
di promuovere la cosa più naturale che gli uomini hanno imparato a fare quando qualcuno
si ammala di qualcosa: curarsi.
Avevo allora sentito parlare di cure domiciliari precoci e non
capivo la ragione per cui dalla televisione, dai giornali e da molti social giungesse
una scomunica tranciante sulle persone che dichiaravano, dati alla mano, l’efficacia
di tali cure. La severità della condanna a quelle che venivano derise come strampalate
teorie antiscientifiche ottenne in me l’effetto
opposto a quello desiderato dai suoi propagatori. Accrebbe il mio
interesse, acuì la mia curiosità e mi spinse a vederci più chiaro.
Nel frattempo in parrocchia la vita é andata avanti. Preti e
operatori pastorali hanno cercato di tenere vivo come hanno potuto i servizi
essenziali adottando soluzioni creative e innovative. Si é cercato di tenere in
vita la vita. Ma inutile nasconderselo: il clima di paura non é affatto
diminuito. Ad esacerbarlo é stata la polarizzazione mediatica tra le posizioni
vacciniste e la variegata sfera dei divergenti, sommariamente raccolti sotto l’etichetta
no-vax.
Francamente non capivo perché bisognasse considerare alla
stregua di no-vax, senza un minimo distinguo, urlatori di piazza e medici che
fin dal marzo 2020 non avevano mai abbandonato i loro pazienti e continuavano a
prendersene cura invitando il Ministero a promuovere accanto alla vaccinazione
anche le cure. Perché demonizzarli?
A far tracimare il vaso della mia coscienza é stata però la
decisione di sospendere dal lavoro i medici che rifiutavano l’obbligo
vaccinale. Ma come! mi son detto, in piena
emergenza sanitaria?! Con una medicina territoriale già devastata da anni
di privatizzazioni e riduzione dei finanziamenti pubblici, lo Stato non trova
di meglio che costringere a incrociare le braccia medici che stavano sul campo
a curare le persone!? Non bastava chiedere ai medici non-vaccinati l’utilizzo
scrupoloso dei presidi quali mascherina e distanziamento per affrontare razionalmente
quella che viene descritta come “enorme pressione sugli ospedali…”? In parrocchia
non ho avvertito particolare insofferenza rispetto a questi provvedimenti.
Rassegnazione? Stanchezza? Voglia di uscirne in un modo o
nell’altro? Da quanto ne so, preti e operatori pastorali hanno cercato di combinare
l’attuazione delle norme e un certo grado di ospitalità come Dio comanda al meglio
delle loro possibilità. É stato inevitabile tuttavia che pressati dalle
normative, schiacciati dalla paura della gente, nutriti da dosi enormi di
avversione televisiva, anche in parrocchia i toni siano talvolta trascesi e i riguardi
più normali abbiano ceduto il posto all’applicazione
gelida delle norme. E le persone si siano sentite a volte trattate male, accusate,
escluse, non rispettate, aggredite, dimenticate. Inevitabile poi che da responsabile
del servizio d’ordine, qualche parrocchiano si sia lasciato prendere la mano adottando
stili direttivi più consoni a un posto di blocco che non ad una celebrazione eucaristica
e ad uno spazio comunitario. Talvolta mi pareva che non fosse possibile evitare
di ferire qualcuno. Se ligio alla norma incontravo il disappunto di coloro che
almeno in Chiesa speravano di trovare un pò di requie dall’assillo quotidiano
del distanziamento sociale e dell'igienizzazione. Se flessibile e tollerante mi
é capitato di venir fulminato da chi soprattutto in Chiesa si aspettava ordine
e sicurezza. E che dire dei sensi di colpa che si sono diffusi a macchia d’olio
a seguito delle parole delle autorità? Non sarebbero un problema sociale i
sensi di colpa se non fosse che ad essi corrisponde un simmetrico senso di
giustizia che accompagna coloro che si conformano, senso che si traduce
facilmente in giudizio quando non in aperta condanna.
- Che dire poi della sofferenza di chi si è assunto il
rischio della vaccinazione credendo di fare un’azione a vantaggio di
tutti?
- E di chi si é vaccinato poiché costretto dalle circostanze,
per non perdere il lavoro, per poter continuare a mantenere i figli, per continuare
a vedere gli amici e a fare sport, per poter entrare nelle RSA a trovare i
propri cari, per non subire linciaggi morali ogni tre per due?
- E che dire delle sofferenza di chi si è visto liquidato dal
sacerdote con uno whatsapp generico che ricordava a tutti gli operatori
pastorali che da quel momento in poi i non vaccinati non sarebbero più
stati ammessi al servizio pastorale?
- E di chi ha perso il lavoro e lo stipendio per sentirsi
dire in Chiesa che i non vaccinati erano degli irresponsabili e degli
egoisti?
- E di chi si é visto rispedito indietro il figlio dalle
iniziative oratoriali poiché privo di Green-pass?
Queste cose hanno ferito profondamente le persone, hanno aperto
lacerazioni serie nel tessuto fiduciale delle comunità parrocchiali e hanno inferto
un serio colpo alla fraternità costruita in lunghi anni di vita, fede e
amicizia.
É necessario che le parrocchie si facciano carico di questa
sofferenza diffusa. Che ciascuno abbia la possibilità di raccontare la propria
paura, la propria rabbia e sia aiutato ad ascoltare la paura e la rabbia degli
altri. E per questo si aprano appositi spazi di ascolto e non-giudizio. E che
se ci sono stati errori, sopravvalutazioni, sottovalutazioni, mancanza di
attenzione, involontarie durezze, indifferenza per le conseguenze umane dell’applicazione
cieca di norme talora irragionevoli…ebbene che chi di dovere lo riconosca e
possa chiedere perdono anche in parrocchia. Per poter fare questo é però necessario
che venga riconosciuto il diritto/dovere
di parlare e denunciare quanto di eventualmente ricattatorio e antiscientifico venisse
propagandato, anche dal governo. Ed é proprio quello che ho fatto io, ho
parlato e ho denunciato.
Ma non diversamente dalle università, dal sindacato, dalle
redazioni dei quotidiani, dalle aziende e perfino dal parlamento, ho dovuto prendere
atto che anche la parrocchia é talora luogo dove criticare i provvedimenti governativi
in materia di covid non é (per ora) ammesso e chi lo fa é automaticamente catalogato
come cattivo maestro e irresponsabile, uno che deve vergognarsi, soprattutto se
veste il ruolo di parroco o coadiutore. Da prete ultra-cinquantenne non vaccinato
mi ritrovo doppiamente fuori posto.
Non ho scampo: se voglio parlare devo svestire i “panni” del
prete di parrocchia ma la buona notizia, quella voglio continuare a portarla: l’umanità é creata in Cristo, libera, intelligente
e responsabile. Ed é perdonata per i suoi peccati. Fa parte della buona
notizia denunciare l’inefficacia, la pericolosità e l’insostenibilità
scientifica di molti provvedimenti governativi, come la vaccinazione dei
bambini, tanto per dirne una. E denunciare l’ingiustizia di chi é privato del diritto
al sostentamento per dirne un’altra. Neanche agli uomini e alle donne reclusi del
41-bis si riserva un trattamento del genere.
Dire NO a cose come queste, riconoscere gli errori
e opporsi a chi li sta compiendo, quale che sia il disegno con cui continua pervicacemente
a compierli, é tappa necessaria del compito più grande di dire
- SI al fondamento sacro della comune umanità, sacro e pertanto
indisponibile a manipolazioni ideologiche e biologiche di sorta;
- SI all’applicazione della Costituzione, alla ragionevolezza,
alla scienza, al rinforzo del sistema immunitario, alla libertà di cura, a
un’educazione complessiva all’altezza dell’umanità di Gesù;
- SI alla riconciliazione nella verità e nella carità.
É per testimoniare questa verità in spirito di carità che ho
deciso di intraprendere un pellegrinaggio lungo l’Italia, di parrocchia in parrocchia,
fino a raggiungere Roma e consegnare al papa la lettera destinata a lui e che
invito a sottoscrivere con l’apposito link.
Non rappresento nessuno, soltanto me stesso. Mi assumo in tutto
la responsabilità di quanto ho scritto. Spero serva ad accendere in parrocchia
un confronto franco e rispettoso.
Farò il pellegrinaggio a piedi e in bicicletta, anche per
solidarietà con chi é privato del diritto di utilizzare mezzi pubblici perché colpevole
di esercitare un diritto costituzionalmente garantito.
Infine invito i preti e i parrocchiani a dire NO alla discriminazione in parrocchia di chi non è vaccinato, a
costo di sospendere le iniziative pastorali che ne prevedono obbligatoriamente l’applicazione
o trovando soluzioni alternative.
In secondo luogo, fatta salva la libertà di ciascuno di
vaccinarsi, invito a non applicare le regole che costringono gli
operatori pastorali a vaccinarsi, pena la sospensione dal servizio.
Don Emanuele Personeni, della diocesi di Bergamo
Vi invito a leggere le due lettere.
2. Lettera ai cristiani delle parrocchie e ai loro pastori
Se volete potete sottoscrivere la lettera al Papa qui sotto
cliccando su questo link
Nessun commento:
Posta un commento